giovedì 18 luglio 2019

Domenico DURANTE


È il primo portiere della storia bianconera. Pittore di professione, è ingaggiato dai fondatori per difendere la rete della Juventus, nel 1901. Personaggio eccentrico, è ricordato per i celebri baffi e per il rapporto non proprio roseo con gli arbitri; a ogni decisione contestata, infatti, è solito girarsi verso i tifosi e, sventolando il berretto, urlare: «Mi appello al pubblico!» Secondo le cronache del tempo, dà il meglio di se stesso nella ripresa, dopo aver brindato a champagne nell’intervallo. Veste la maglia bianconera per undici stagioni, vincendo lo scudetto del 1905.

RENATO TAVELLA, “IL ROMANZO DELLA GRANDE JUVENTUS”
Sghignazzava sotto i baffi, il portiere Durante alzando il calice: «... e se il “referée” dà torto, fare il morto il morto il morto...», ripeteva soddisfatto in controcanto, disegnando in volto un’impercettibile smorfia. Giusto il contrario dell’espressione determinata che di abitudine sfoderava in campo, quando aggrottava rughe sopra ciglia cespugliose e, levato il cappello, lo sventolava in direzione del pubblico gridando a gran voce: «Mi appello al popolo!» Un modo pittoresco, tutto personale, per dirsi non d’accordo con una decisione contraria ai suoi colori presa dal “referée” (com’era chiamato l’arbitro stando alla classica dizione inglese). Urlava e si agitava di continuo, mostrava certi occhiacci neri da far paura, il tracagnotto Durante quando era alla difesa tra i pali. Poi rivestiva i panni borghesi e si ricalava nella vita artistica di tutti i giorni, fatta di tele e colori, di quadri solari.


VLADIMIRO CAMINITI
Tracagnotto, di baffi (assai) fornito, con occhi rapaci, è una figura di pittore più che meditativo attento alle forme appiccicose della vita. Le sue polemiche con i giudici di linea cominciano e non terminano che al tramonto, quando i giudici con rispettiva sedia e rispettiva bombetta, salmodiando se ne vanno dietro il vociferante pittore. «Ma sono scherzi da fare? Avevo respinto il ball». No, era passato, era infilato, era folgorato. Durante si strizza i baffetti e impreca, poi ci fa una risata. Ogni sua parata impressione il rado passante, il quale si ferma e dice: «Ma cosa fa ca fa cul matt?».


DANILO COMINO, ARTEFOOTBALL.COM DEL 19 DICEMBRE 2015
L’esordio di Domenico Maria Durante come pittore fu posteriore di un anno a quello da calciatore: avvenne nel 1902 all’Esposizione Internazionale d’Arte Decorativa Moderna di Torino. I due quadri che espose in tale occasione non dovettero passare inosservati: infatti, nel 1904, il nostro pittore fu invitato alla mostra organizzata dalla Società Promotrice delle Belle Arti di Firenze, dove il suo quadro “Poeta alla solitudine” vinse il premio della locale Camera di Commercio e Arti.
Persone sempre più importanti si appassionavano alla pittura di Durante: alla mostra della Società Promotrice delle Belle Arti di Torino del 1905, il re d’Italia Vittorio Emanuele III acquistò la sua opera intitolata “Testa di vecchio”. Negli anni successivi, il sovrano comprò altri suoi dipinti: “Dea” nel 1910 e “Collana di Venezia”, nel 1912.
Alla fine degli anni Dieci, la carriera di Durante era in rapida ascesa: alla Prima Esposizione Donatelliana di Livorno del 1909, il suo quadro “Profilo” ottenne la croce al merito e la medaglia d’oro, premi che vinse anche il dipinto “Diana” alla Seconda Esposizione Donatelliana di Napoli del 1910.
Dal 1907 Durante iniziò a esporre con regolarità alla Biennale di Venezia, una delle più prestigiose rassegne internazionali d’arte al mondo. Negli anni Venti era ormai un pittore affermato, i suoi quadri si incontravano in collezioni private non solo italiane, ma anche inglesi, tedesche, statunitensi, peruviane, argentine, russe, del Principato di Monaco, ecc.
Per i suoi meriti, nel 1921, Durante fu nominato Socio onorario dell’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, l’istituzione in cui studiò.
Nella Torino dell’epoca, il pittore di maggior successo era Giacomo Grosso, professore all’Accademia Albertina di Belle Arti; era specialista in ritratti di esponenti della nobiltà o dell’alta borghesia e in quadri di avvenenti fanciulle nude, che entusiasmavano il pubblico maschile.
Grosso esibiva una raffinata tecnica accademica e cercava il facile successo presso la parte più conservatrice - e facoltosa - del mondo artistico di Torino. Va detto che se la città era all’avanguardia nell’industria, non lo era certo nell’arte: vi dominava una tranquilla pittura accademica di tradizione ottocentesca, che era detestata dagli innovatori come Boccioni e i futuristi, che cercavano di far progredire l’arte scontrandosi con l’ostilità della critica ufficiale.
«Noi denunciamo al disprezzo dei giovani tutta quella canaglia incosciente che (...) a Torino incensa una pittura da funzionari governativi in pensione». (Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla, Gino Severini; Manifesto dei pittori futuristi, 1910).
Disinteressato al futurismo, al cubismo e alle novità in generale, Durante si trovava perfettamente a suo agio in questo ambiente ancorato al passato. Come Grosso, si specializzò nel genere del ritratto. I suoi quadri, quasi sempre firmati “D.M. Durante”, sono basati su una grande abilità tecnica ed esibiscono spesso riferimenti all’arte del passato, in particolare a quella del Rinascimento italiano.
Dagli anni Dieci, Durante dipinse diversi ritratti di ragazze della campagna piemontese; sono opere che si concentrano soprattutto sui volti delle giovani e, in particolare, sui loro sorrisi.
«Non avete mai fatto un’istantanea ad un gruppo di ragazze di qualsiasi condizione, ignare dell’attentato fotografico e quindi sorprese nel loro più comune atteggiamento? Ebbene, avrete notato, che, su dieci, nove almeno erano ridenti». (Domenico Maria Durante).
Durante non interruppe definitivamente la sua relazione con la Juventus nel 1909. Tornò a giocare nella stagione 1910-1911, seppur per una sola partita, e in seguito collaborò a “Hurrà!”, il primo bollettino ufficiale di una squadra di calcio italiana, nato nel 1915 per tenere i contatti tra il Football Club Juventus e i suoi molti soci impegnati nella Prima Guerra Mondiale. Inoltre, Durante realizzò alcuni manifesti promozionali della Juventus; in queste opere scelse di firmarsi con il soprannome che gli diedero i suoi ex compagni di squadra: “Durantin”.
Per tutta la sua vita, Durante fu fiero del suo passato da calciatore: lo dimostra il suo “Autoritratto in maglia della Juventus” della fine degli anni Venti, dipinto quando aveva quasi cinquant’anni. Come tutti i suoi quadri, è pieno di citazioni all’arte del passato: come un ritratto del quattrocento, è dipinto con la tecnica dell’olio su tavola e contiene un’iscrizione in basso. In essa, Durante si definì con orgoglio “campione di calcio et pittore”.

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